Ray Bradbury - Fahrenheit 451




Pensate di diventare piccini picciò. Pensate di soddisfare il sogno recondito di quando eravate bimbi (non dite di no): essere così minuscoli da inserirvi comodamente dentro macchinine, case di bambole, castelli di plastica (per la forza di greyskull!). Ecco, ci siete? Guardatevi attorno. Cosa provate?

Fahrenheit 451 vi invita ad entrare in un mondo che più o meno ha quelle connotazioni. E' asettico, è scomodo, è freddo e non può durare in eterno. Mi scuserà Ray Bradbury da lassù per questo improbabile accostamento, ma è veramente la prima cosa che mi è passata per la testa...

Nasciamo in questa Realtà in un imprecisato futuro assieme a Guy Montag, di professione pompiere in un mondo dove i militi del fuoco gli incendi non li spengono, bensì li appiccano. Vittime del fuoco purificatore i libri e i loro proprietari se fanno resistenza. Soluzione estrema per una società che vede nella carta stampata un pericolo sempre vivo, un difetto da sopprimere, un nemico da abbattere.

Guy però ha dentro di sé il buio, tanto, più di quanto ne abbia tipicamente uno del suo mestiere. E il suo buio (che noi classificheremo come "luce") è dovuto dall'iniziare a dubitare di quello che fa che, in quel mondo, ma forse anche nel nostro, coincide pienamente con quello che si è. A Guy non va più bene ciò che fa... e di conseguenza ciò che è, insomma.

Il nostro muove le sue giornate in un splendido scenario che Bradbury costruisce sapientemente per immagini: uomini chiusi in case con pareti composte da super schermi e macchine velocissime dove i due eccessi, in entrambi i casi, rappresentano il modo per "accendere" una vita assolutamente insostenibile.

Sullo sfondo due figure inquietanti che condividono la stessa radice, una costante quanto inconscia volontà di morte.

La prima è quella della moglie di Montag, farmaco dipendente e costantemente trascinata al lavaggio gastrico da un marito sempre consapevole che il mattino dopo, comunque, la consorte non ricorderà più nulla e quindi niente mai migliorerà. La seconda è rappresentata dai rombi di una guerra che Bradbury non specifica ma che fa ricorrere spesso come rumore lacerante in questo ecosistema asettico.

Guy Montag incontrerà persone come lui. Guy Montag si metterà nei pasticci. Guy Montag ci accompagnerà attraverso una narrazione veramente vivida, carica di un sentimento quasi poetico che sa portare all'eccellenza gli aspetti tipici di quella letteratura anti-totalitarista in stile Orwell e Huxley, con un elemento che a quest'ultimi secondo me manca, cioè la volontà di tratteggiare semplicemente la sceneggiatura e lasciare soprattutto alla fantasia del lettore il compito di completare il resto.

Saremo quindi Montag nei suoi dubbi. Saremo Montag quando guarderà sua moglie, i suoi simili, con rabbia mista a pietà. Saremo nel rogo dei libri, nella pubblicità che bombarda i passeggeri della metropolitana, in quella dannata stanza, che si dovrebbe chiamare casa, ma che ci schiaccia sotto il peso delle immagini, dei programmi, delle fiction e delle notizie (pilotate) che non smettono mai di parlare.

E, come nella stramba analogia con la quale ho aperto questa recensione, tutto questo è così vero che vi sembrerà d'essere realmente a pochi centimetri da quei maledetti schermi, respirando la plastica scaldata, quell'odore di elettricità statica, come se foste chiusi nella vostra macchinina, nella vostra casa delle Barbie di quando eravate piccini....

La domanda allora sorge spontanea: Guy Montag riuscirà a sfuggire da questo mondo?

... e voi?

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