Luisito Bianchi - La messa dell'uomo disarmato





Che rumore fa una vita che scorre?

Questa domanda mi aiuterà non solo a procedere in questa recensione, ma a rispondere alla domanda centrale che ha accompagnato tutta la lettura di La messa dell'uomo disarmato di Luisito Bianchi, caso editoriale (indipendente) della fine degli anni '80 passato 'clandestinamente' di mano in mano autoprodotto finché non arrivò nelle mani dell'editore Sironi che volle subito, con gran successo, stamparlo e distribuirlo nazionalmente.

Dicevamo la domanda principale: può un lettore medio, se non mediocre come nel mio caso, sostenere la lettura di 857 pagine dove le prime 257 sono una lunga introduzione agli avvenimenti che porteranno i protagonisti al centro dei moti di Resistenza post 8 settembre 1943?

Per chi come me il libro lo affronta spesso sui mezzi, nei ritagli di tempo su e giù dai tram, schiena contro un palo della luce durante la cortissima pausa pranzo, devo dire che questa lunghissima intro è stata una delle cose più pesanti che io abbia sperimentato da quando ho ammesso a me stesso di non sapere leggere.

Poi ho riflettuto e mi sono chiesto cosa mi sarei dovuto aspettare da un racconto 'di vita'. Dalla narrazione delle giornate agresti di esseri umani semplici, pre-rivoluzione elettrica, pre tutto-subito-ora, e allora pur nella fatica mi sono fatto forza e ho continuato la lettura di questo bel testo che unisce spiritualità (con accenti bucolico-mistici) e azione (con un'ottima favella tendente al colpo di scena).

Se si pretendesse di riassumere in poche parole 857 pagine di vita che scorre diciamo che è primavera 1940, Franco (voce narrante) esce deluso dal monastero per tornare nel cascinale di famiglia decidendo che sarà «solo» un contadino, suo fratello Piero torna dalla Russia con i piedi quasi amputati, e il fascismo inizia la sua parabola discendente, si scivola verso una guerra civile poi concretizzata appunto l'8 settembre 1943.

Da qui la parte del libro dedicata alla Resistenza dove Franco vorrà ma non potrà, Piero potrà ma avrebbe voluto non arrivare a tanto e una decina di altri personaggi (tutti splendidamente caratterizzati) entreranno nella loro vita lasciando il segno, contribuendo all'alba di un nuovo giorno.

Filo rosso di tutto il racconto la Parola di un Dio che sembra giocare a nascondino non solo con Franco, ma con lo stesso lettore e che nel silenzio assordante di una guerra fratricida si fa quotidianità nella bellissima figura di Rondine, forse il più toccante dei protagonisti di questo romanzo. Colui che neri o rossi non importa, sul campo di guerra come in tempo di pace, parla con i morti di entrambi gli schieramenti, lasciando tutto se ne incontra uno per potergli dare degna sepoltura (anche durante le azioni più pericolose del suo nucleo partigiano).

Altri sono comunque i protagonisti che rimangono nel cuore al lettore di questa che è a tutti gli effetti una novella corale dove si mischiano proficuamente diversi piani, quello assoluto di un Dio lontano, ma anche quello dello stesso Dio che non smette mai di ripetere, tramite le stagioni, «io sono ciò che sono». Quello politico dove il fascismo non è trattato come qualcosa di altro, piovuto dal nulla, ma cancro di una promessa che in molti avevano visto come possibilità e quello umano di chi, invece, fin dai suoi primi giorni, proprio a causa sua, ha subito angherie, botte, stenti.

E' un romanzo grosso, di facile lettura quanto imponente per temi trattati e incedere della narrazione, indubbiamente.

E se lo volete sapere poi sono riuscito a rispondere alla domanda con la quale ho aperto questa traballante recensione, «Che rumore fa una vita che scorre?».

Il rumore è quello di tutte le vite, compresa la mia, che assieme vivono un tutto che respira, giorno per giorno, stagione per stagione, un tutto che proprio perché non ha fretta di riposare sotto la terra per sbocciare a tempo debito chiede d'aver pazienza ed ascolto.

Pazienza e ascolto, 857 pagine, pazienza e ascolto.
Questo è tutto. Tanto.

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